Canto di me e
della mia terra, delle
auree ceneri tra
fango e pietre antiche.
Alti affreschi di
tramonti fra
rami di luce e
schizzi di lunghe ombre.
Le campane
dell’immacolata suonano
indifferenti sulle
pianificate solitudini.
Lutto è il
bianco dei tuoi occhi,
sapienti le mille
mammelle che immetti
nelle tacite bocche
di giganti d’argilla e
tutta ti doni come
madre ai suoi cuccioli.
E’ il tuo
sangue che innaffia i
fiori di strada,
cane che morde dentro.
Sei un verso
bagnato che esce dal
ferro di uomini,
lupi neri su lupi bianchi.
Fingi il bello
dei tuoi pensieri nel
loro decomporsi, il tuo
fiato mi impasta la vita.
Sei un muscolo di
canto scolpito, snudato,
scuoiato, la tua sete
racconti nell’arido tacere.
Schioma sugli
alberi la strana sciarada
Ed è molto silenziosa la
bianca groviera di Pantalica.