Maurizio Trapasso
Nacqui tra i battiti
come una nuvola che si stacca dal cielo
come un albore estivo tuffandosi nel fiume
tra i limiti febbrili
dei nervi
dei muscoli e dei tendini
delle coscienze del sangue ed i suoi rumori
saltando sul muro di cinta del pomeriggio
conglomerandomi col silenzio dei sospiri
del cornicione della notte ed il suo abbigliamento fiorito
sognando come il sudario degli angeli
come un sogno dentro un altro sogno
di cattedrali ed autostrade
che collegano con quel canticchio delle campane
un indaco e fervente desiderio
nacqui migliaia di volte
su fibre di vene abbracciate
sugli occhi comunicando sguardi di vangelo
in nudità di bianco
e le sue ali che liberano la pelle del firmamento
tutto quello fu ieri
ma oggi muoio
vicino alle sofferte ombre
senza la cura dei corpi
Intrapresi nelle nuvole della mia memoria
il ricordo del tempo,
rimpiangendo in ogni risveglio
il sorriso perso
nella burrasca di forti venti…
Un’altra volta
sentii nella mia pelle
la pioggia macerando i miei pori
lasciando penetrare
la freschezza dei tuoi baci
nella commessura marcata
di ferite che mi ha sbalzato la vita…
Intrapresi nelle nuvole della mia memoria
il ricordo del tempo;
la nostalgia
segnò in me
la
speranza
del
presente,
filando l’amore
nella
marea dei miei giorni.
Ti ho bevuto segretamente,
attenuai la stanchezza cronica
del tuo dolore,
aborrii la lingua telegrafica
del tuo petto,
compresi fino al silenzio più chiassoso
della tua pena,
strappai l’arista
dalla tua intelaiata architettura;
ma ora,
è triste la tua bocca
quella che porta l’aroma dei mandorli,
quella che deve attraversare profondamente
la soglia del silenzio,
per consegnare alla morte
le sue assorbite ossa.
Ascolta il mio lamento
luna vagabonda,
firmamento aspro
che percorri,
ferma la tua marcia
un momento.
Regalami la tua bellezza
opaca e notturna,
dammi la freddezza
del tuo guardare,
strappami
con luce spettrale,
alza la marea
nei miei occhi nuvolosi,
eclissa il ricordo
sfortunato.
Ascoltami
luna cangiante,
chissà se percorri
le sue terre
vedi gli occhi
che io vedo impassibile,
quando ritorni
dimmi se sono ancora belli,
come il ricordo
nelle mie notti
di sogni e desideri.
Ascolta il mio lamento
luna bianca,
lasciami bere
il riflesso versato
della tua tristezza nascosta,
perdermi un momento
nella tua distante solitudine,
accarezzare le tue cicatrici;
permetti che le mie guariscano.
Ascolta la mia supplica
Luna solitaria;
un momento regalai,
la mia vita condivisi,
parole persi
e l’orgoglio non girerà.
Dimmi che lasci
che il vento
si plachi,
io anelo non solo
che mi rimpiangano.
Per quel motivo sei la mia compagna,
dimmi che anche tu
muori di solitudine.